Contaminazione e purezza delle razze canine: il caso del Pastore Apuano

di Vittorino Meneghetti (*)

Premessa

L’articolo che segue, prodotto in occasione del seminario tenutosi il 29 settembre 2012 presso l’agriturismo Montagna Verde di Apella (MS), rappresenta un primo inquadramento introduttivo al progetto di recupero e salvaguardia del Cane da Pastore Apuano, razza autoctona dell’alta Toscana.
Già da tempo sono in corso attività di individuazione e verifica dei soggetti, monitoraggio e documentazione delle rilevazioni, analisi del DNA della popolazione canina, che vedono impegnate l’Associazione Culturale Antichi Mestieri Pastorali e l’Associazione Cane da Pastore Apuano, in collaborazione con le Università di Milano e di Bologna.

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La purezza delle razze canine: origini, pregiudizi, luoghi comuni e falsi storici

E’ quasi mezzo secolo che opero nel settore della cinofilia come addestratore professionista e, in tutto questo tempo, oltre ad addestrare qualche migliaio di cani delle più diverse razze e dei più disparati impieghi, ho avuto anche modo di conoscere un discreto numero di esperti del settore: diversi bravi addestratori, veterinari, biologi e studiosi del cane e di tutto ciò che lo riguarda.
Quello che, invece, non ho mai trovato è qualcuno che sia riuscito a spiegarmi qual è il reale confine biologico fra un cane di razza “pura” e un meticcio. Nel corso della mia carriera mi sono anche prodigato per studiare il cane nei suoi differenti aspetti, come la sua genesi, la sua evoluzione, la sua diffusione e i suoi impieghi come ausiliario dell’uomo. Tutti gli studi condotti e le esperienze acquisite negli anni mi hanno portato a concludere che le razze pure, come vengono chiamate, non esistono. O sarebbe meglio dire che le razze biologicamente pure non esistono.
Sono, infatti, un’invenzione dell’uomo moderno, dell’uomo del XVIII secolo. Hanno anche un “inventore”: il conte francese Giorgio De Buffon, naturalista e biologo, ma soprattutto appassionato di cani. Nel 1755, ispirato dall’albero genealogico dei sui nobili antenati, per primo cominciò a cercare di creare l’albero genealogico dei suoi cani, i segugi che allevava, inventando di fatto quello che viene chiamato Pedigree, l’attestato che identifica, attraverso la genealogia, se un cane è di pura razza o no. Siamo in piena fase illuministica, i concetti e le idee dell’uomo corrono attraverso l’Europa a una velocità difficilmente riscontrabile in periodi storici precedenti, e l’idea del pedigree e del cane di razza pura sono giunti fino ai giorni nostri. Prima del conte l’uomo ha cercato di suddividere o catalogare i cani con cui conviveva, ma mai prima del XVIII secolo si era giunti a una classificazione in base alla presunta purezza dei singoli soggetti.
Il grande filosofo Aristotele, circa 2000 anni prima, fu fra i primi a dare una classificazione scritta. Secondo il filosofo i cani potevano fondamentalmente essere suddivisi a seconda del luogo o del popolo di provenienza, relativamente al mondo conosciuto dei suoi tempi.
Per trovare una classificazione più tecnica dobbiamo arrivare al lavoro che fecero gli antichi romani, che suddividevano i cani basandosi esclusivamente sul loro impiego, con le seguenti distinzioni:
1) Cani da pastore (pastoralis)
2) Cani da guardia (catenarius)
3) Cani da attacco e difesa (pugnaces)
Con questa classificazione siamo comunque ancora lontani anni luce dai concetti di genealogia e di cane di razza pura. Negli scritti dei letterati del tempo che si occuparono di zoologia (Varrone e Columnella) non sono menzionati minimamente questi concetti.
Anche in classificazioni più recenti, come quella di John Keys (Caius) del 1576, si fanno distinzioni in base all’utilizzo del cane (da sport, campagnoli o cani saltimbanco).
Fino a prima del 1755, quindi, l’uomo ha sempre basato la distinzione fra un cane e l’altro in relazione al lavoro che il singolo cane poteva svolgere, determinandone forme e caratteristiche (la razza) e mai il contrario. Sicuramente gli illuminati propositi del conte De Buffon erano validi. Purtroppo però, col trascorrere del tempo, sono stati mal interpretati e tutto ciò che di positivo poteva esserci nella sua visione del cane è stata, nell’arco di un centinaio di anni di cinofilia “ufficiale”, completamente rovinato.
La F.C.I. (Federazione Cinologica Internazionale, con sede a Bruxelles) che nasce ufficialmente nel 1911 col fine di tutelare le razze “pure”, lo scorso anno ha festeggiato il centenario della fondazione. Al giorno d’oggi, secondo me, la F.C.I e i suoi metodi di fare cinofilia hanno una valenza relativamente discutibile, in quanto sono convinto che i sistemi di allevamento proposti e le modalità di valutazione non abbiano un reale valore zootecnico. Nel suo ambito, infatti, possiamo notare il perseguimento di un fattore, la bellezza e l’estetica del cane, persino a discapito della salute e della preservazione delle doti naturali e attitudinali che le singole razze dovrebbero avere. Vediamo Terranova e Retrievers che non sanno nuotare o peggio hanno paura dell’acqua; Cani da Pastore conduttori che hanno paura delle pecore o, eccesso contrario, che cercano di uccidere il bestiame; Molossi da guardia e difesa fortemente displasici, paurosi e senza tempra. Questo solo per fare alcuni semplici esempi.

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I Cani da Pastore

Dal primo cane da pastore ai nostri giorni sono passati circa 10.000 anni, mentre dalla nascita dell’idea di razza pura del conte De Buffon sono trascorsi solo 260 anni: pensare ai pessimi risultati raggiunti da uomini che, in teoria, avrebbero dovuto avere conoscenze tecniche e mezzi superiori, mi riempie di infinita tristezza.
Affrontiamo adesso l’evoluzione del cane da pastore. Nella pastorizia esistono fondamentalmente due tipi di cane da Pastore: il cane da conduzione, che sposta e conduce il bestiame da un luogo all’altro, e il cane da guardia al gregge, esperto nella protezione dai predatori naturali come lupi e orsi, e dai furti di bestiame. Sono due tipi di “razze” di cani che si sono evoluti e diffusi nello stesso ambiente, la pastorizia; entrambi selezionati per rispondere allo stesso stimolo ambientale, il bestiame, ma che rispondono in due modi diversi: uno conduce le pecore mentre l’altro le protegge. Poiché le due “razze” si comportano in maniera diversa nello stesso ambiente, e come risposta allo stesso stimolo, possiamo dedurre che le differenze tra di loro sono di tipo genetico.
I cani da Pastore più antichi sono i guardiani del gregge, apparsi sulla Terra circa 10.000 anni fa, mentre i cani da Pastore conduttori “nascono” al termine del periodo neolitico, circa 4.000 anni fa. Per capire il concetto fondamentale di come nasce il cane da Pastore conduttore, bisogna considerare che a un certo punto dell’evoluzione umana l’uomo diventa sempre più sedentario e comincia a praticare una pastorizia semi-nomade. “Inventa” per così dire la transumanza, cioè la migrazione stagionale degli armenti dai pascoli estivi a quelli invernali e viceversa. I pastori scendono dalle montagne verso valle con le loro greggi per trovare cibo; nascono così le vie tratturali.
Per esempio, in Italia, il tratturo più lungo e importante era quello che dall’Aquila portava fino a Foggia, chiamato anche Tratturo Magno o Tratturo del Re: un percorso lungo 244 km, largo circa 111 metri, da percorrere a piedi con tutto il bestiame. Possiamo immaginare quanti poderi coltivati si potevano incontrare lungo il tragitto, e per questo il pastore ha sempre avuto assoluta necessità di lavorare con un tipo di cane in grado di mantenere le greggi sul tratturo, senza sconfinare nei campi coltivati. E’ così che nasce il cane da conduzione.
Trattando il tema dell’evoluzione del cane da Pastore conduttore è inevitabile citare l’antico cane da Pastore delle Alpi. Le testimonianze dei graffiti rupestri dei Camuni sulle Alpi dell’alta Lombardia, in provincia di Brescia, indicano che circa 4.000 anni fa i popoli che qui vivevano avevano dei cani da Pastore. Essendo tali testimonianze fra le più antiche d’Europa trovo naturale pensare che questi cani, all’inizio probabilmente dediti solo alla caccia e successivamente “trasformati” in cani da pastore, siano fra i Pastori conduttori più antichi. E’ possibile quindi che l’antico cane da Pastore delle Alpi possa essere il progenitore di tutti i cani conduttori dell’Europa occidentale, e per quanto riguarda la zona in cui ci troviamo, anche progenitore del cane da Pastore Apuano.
Come questi cani siano arrivati sulle Alpi è relativamente semplice da spiegare. Attraverso le varie migrazioni neolitiche di popoli che, come i Natufiani, partirono dal Medio Oriente e si spinsero verso l’Europa, colonizzando di fatto, anche coi loro cani, i vari luoghi del nostro continente. Parliamo dei Natufiani perché sono considerati i primi pastori nomadi della storia, e possedevano quindi i primi cani da pastore. Quando, partendo dalla Mezzaluna Fertile si fermarono e colonizzarono le Alpi, i loro cani fecero lo stesso. Questi cani divennero i progenitori dei cani da Pastore dei Camuni prima e del cane da Pastore delle Alpi in periodi successivi, fino ad arrivare al cane da Pastore Apuano, generatosi circa 2.500 anni fa, presente ancora oggi sul territorio dell’alta Toscana.

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Il Cane da Pastore Apuano

In piena età del ferro il popolo presente sull’attuale comprensorio delle Alpi Apuane e delle valli adiacenti erano i Liguri-Apuani, popolo di pastori-guerrieri che utilizzavano già il cane da Pastore Apuano per la conduzione degli armenti. Da una recente indagine da me svolta parlando con i pastori locali, risulterebbe che esistono attualmente solo alcune decine di soggetti di cane da Pastore Apuano che possono essere considerati “puri”. Pochissimi , considerato il fatto che abbiamo detto avere circa 2.500 anni di storia alle spalle: com’è quindi possibile che questo cane sia praticamente a rischio di estinzione? Cosa sta mettendo a rischio questo antico cane da Pastore?
La causa principale della perdita delle antiche qualità di quasi tutti i cani da pastore, sia conduttori che guardiani e un po’ in tutto il mondo, è la drastica riduzione della pratica della pastorizia. Nell’alta Toscana tale riduzione riguarda l’allevamento della pecora nera massese, di origine medievale, e della pecora zerasca. I pochi pastori rimasti sul territorio hanno ridotto drasticamente il numero dei capi del gregge dai 1.000/500 capi del passato a 200/100 capi attuali e la conseguenza che più ci riguarda è il non utilizzo e l’impiego del cane da Pastore. Non solo. Negli ultimi 25 anni il cane da Pastore Apuano è stato vittima di un forte inquinamento genetico dovuto all’incrocio con altri cani, soprattutto Border Collie, comportando, oltre al rischio di estinzione della razza, la perdita di questo patrimonio genetico, che dovrebbe invece essere uno dei tanti vanti di questa terra, e quindi tutelato. Il cane da Pastore Apuano ha contribuito nei secoli all’economia pastorale del territorio, dando la possibilità a decine di generazioni di pastori locali di avere un ottima qualità della vita.
L’Italia ha una cultura pastorale millenaria, dal neolitico ad oggi, ed è stata, per la sua posizione geografica, fra i primi paesi dell’Europa Occidentale ad essere colonizzata dai pastori nomadi provenienti da Oriente. Le prime testimonianze di cani e pastori della penisola si trovano in Puglia, nella provincia di Lecce a Porto Badisco, nella famosa Grotta Dei Cervi, dove sono raffigurate pitture rupestri di uomini pastori, cani, pecore e capre, con una datazione certa di 7.500 anni, animali che all’epoca non esistevano in Europa.
Successivamente, e partendo dalla nostra Penisola, queste migrazioni giunsero a colonizzare la Francia, la Spagna e il Portogallo e dalle coste del nord della Francia sbarcarono successivamente nelle isole britanniche. Possiamo tranquillamente affermare quindi che la nostra cultura pastorale è la più antica dell’Europa occidentale, e i cani da pastore della nostra nazione dovrebbero essere quindi i più antichi d’Europa. I cani da pastore conduttori hanno un’origine comune, ma le singole razze che da questa origine si sono evolute hanno storie di diversa lunghezza. Per esempio il Border Collie, originario della Scozia, risale a non più tardi del XVII secolo mentre la presenza del cane da Pastore Apuano dell’alta Toscana risale a 2.500 anni fa.
Trovo alquanto assurdo rischiare di perdere una razza praticamente autoctona, e quello che questa razza ha rappresentato per l’economia di questa terra, incrociandola con una che al momento è più “di moda”, perdendo un patrimonio storico e genetico così antico. Anche perché tutto questo non è sinonimo di miglioramento lavorativo. Alcuni pastori lunigianesi, infatti, mi hanno raccontato di aver provato a lavorare coi Border Collie e, per la loro esperienza, questi cani non lavorano in modo efficiente con le pecore sul territorio dell’Appennino, principalmente per alcuni ordini di fattori:
1) La natura del territorio di origine: la Scozia, è un immensa prateria verde con pascoli sconfinati quasi priva di ostacoli naturali (piante). Le isole Britanniche presentano per l’appunto condizioni geografiche e climatiche ottimali per l’allevamento intensivo degli ovini, territori vasti e verdi tutto l’anno costituiscono pascoli eccellenti per una pastorizia di natura stanziale che non ha mai avuto bisogno di attuare la transumanza e sono anche rare, se non rarissime, le occasioni per il bestiame di sconfinare nel coltivo.
2) Dal medioevo in poi si è proceduto alla eliminazione di tutti i predatori terrestri naturali, in particolare del lupo, l’ultimo di questo animale è stato abbattuto nel ‘700. Questo ha consentito ai cani locali, e soprattutto ai Border Collie, di sviluppare un diverso stile di lavoro sulla conduzione del gregge. A causa di tutto ciò gli uomini pastori anglo-sassoni seguono il gregge, al contrario di tutti i pastori europei che solitamente stanno davanti al gregge.
3) I fattori ambientali e culturali hanno favorito nei Border Collie uno stile di lavoro che si è adattato alle esigenze del territorio e ciò ha favorito anche un atteggiamento ed una postura che gli anglosassoni chiamano “clapping”. È una sorta di “stop di rallentamento” accompagnato da uno sguardo ipnotico: i Border Collie sembrano quasi strisciare verso il gregge e tendono ad appiattirsi ripetutamente sul terreno per controllare il bestiame. Sebbene ciò possa essere molto affascinante da vedere, costituisce un serio problema per le pecore, soprattutto in prossimità dei confini (strade urbane e campi coltivati) poiché i Border Collie tendono a rimanere bloccati e a perdere il controllo degli animali.
Queste sono caratteristiche che non si adattano al nostro territorio e al modo in cui un cane da pastore qui dovrebbe condurre il bestiame!
Vediamo anche qualche caratteristica somatica. L’incrocio fra Border Collie e Pastore Apuano è un meticcio caratterizzato da un mantello in cui il nero è dominante; porta le orecchie pendenti (molli), ha la caratteristica postura del clapping anche se in modo meno evidente che nei Border puri. Diverso quindi dal Pastore Apuano, che è stato forgiato ed adattato al territorio appenninico attraverso 2.500 anni di storia; la sua evoluzione lo ha portato ad avere uno stile di lavoro, contrariamente al Border, di una sorta di comportamento istintivo che li porta senza alcun addestramento specifico a lavorare sui confini per tenere sotto controllo il gregge senza sconfinamenti. Ha una rapidità di reazione e di esecuzione fuori dal comune che permette a un singolo cane di tenere a bada un centinaio di pecore senza troppa difficoltà. Il Border Collie è un bravo lavoratore sulle lunghe distanze, ma non sui confini, cosa a cui il Pastore Apuano è abituato. Esiste pertanto una differenza tra il Border Collie e l’Apuano di almeno 2.000 anni di storia e di cultura pastorale che li divide.
Perché dovremmo quindi continuare questo tipo di incrocio?
Ogni cultura pastorale forgia il suo cane da pastore ideale, il Pastore Apuano ha seguito lo stesso iter evolutivo, ma non ne sta proseguendo il naturale cammino.

Nota: le foto rappresentative dei soggetti sono gentilmente fornite dall’Associazione Cane da Pastore Apuano.

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(*) Vittorino Meneghetti – Biografia

Iscritto all’Albo Ufficiale E.N.C.I. degli Addestratori Cinofili, esercita dal 1968 la professione di addestratore di cani da utilità presso il proprio Centro Cinofilo Sportivo. Studioso di zooantropologia e psicologia canina applicata all’addestramento moderno, dal 1996 è Direttore Didattico della S.I.A.C. (Scuola Italiana Attività con i Cani), è impegnato in numerosi progetti formativi ed ha scritto molti articoli tecnici sull’addestramento canino per riviste specializzate (Enciclopedia De Agostini, Argos, Quattrozampe, Cani Di Razza, Scienze, Work Dogs, I Nostri Cani) nonché alcuni libri (tra cui vale la pena ricordare “Lo standard del figurante”, “L’Addestramento del cane da utilità e da difesa – Metodo naturale e psicologia comparata” e “Manuale della moderna psicologia canina applicata”). È fondatore e presidente dell’Associazione Culturale Antichi Mestieri Pastorali, nata con lo scopo di mantenere vive alcune tradizioni del nostro passato pastorale, che negli ultimi 50 anni si stanno viepiù perdendo, per salvaguardare in particolare il patrimonio dei cani da lavoro che tanto hanno dato e tanto ancora sono in grado di dare alla nostra terra.