Incredibile ma vero: nell’anno del Signore 2004 ci sono ancora allevatori di cani da ferma che si arrovellano nel sostenere l’importanza della tipicità morfologica per l’espletamento della funzione venatoria.

Gli allevatori di cavalli da corsa scelgono i riproduttori consultando il cronometro, quelli delle vacche olandesi privilegiano i litri di latte e la percentuale di grasso: loro invece, per far nascere buoni cani da caccia, dissertano sui testi sacri del Solaro e del Barbieri circa “la spezzatura all’undicesima vertebra” dei Bracchi italiani e l’angolazione della groppa dei trottatori. Sarebbe come se Tesio, per far nascere Ribot, avesse preferito Tenerani perché aveva la giusta inclinazione della spalla!. Ma se approfondisci la discussione con questi teologi della morfologia, ti accorgi che non hanno capito che la malefica spezzatura non è dovuta alla colonna vertebrale, bensì alle apofisi – cioè alle “creste” che sporgono sopra le vertebre. Quanto poi all’inclinazione della groppa, dopo interminabili disquisizioni magari salta fuori che misurano l’angolo sbagliato.

E cosa c’è dietro a queste argomentazioni astruse, tanto care soprattutto a certi allevatori di Continentali italiani?
In effetti il loro scopo recondito è di rivalutare criteri di selezione validi per razze da compagnia, ma del tutto inadeguati per razze da caccia. E siccome allevare cani belli e bravi è più complicato che sfornare cani solo belli, allora cercano di convincere “il colto pubblico e l’inclita guarnigione” che la bellezza da loro selezionata non è fine a se stessa, bensì è funzionale per la caccia.

Ed è una colossale bufala.

La selezione di cani da caccia non può prescindere dalla rigorosa verifica dell’efficienza funzionale, ma siccome ci sono molte razze da ferma, ciascuna deve preservare le diversità funzionali e morfologiche che le distinguono. Quindi la morfologia non è importante per ottenere buoni cani da caccia, ma è l’imprescindibile presupposto del concetto stesso di razza. Altrimenti finiremmo per avere un’unica razza di cani da ferma, tutti uguali. E non è un paradosso, ma quel che è successo coi cavalli da corsa!.

È un falso dilemma quello di chi si chiede se è il tipo che determina la funzione o se viceversa è la funzione che crea il tipo, perché funzione e tipo sono le due inscindibili facce della medesima medaglia.

E ancora, ha ragione chi sostiene che non c’è razza senza tipicità morfologica, ma in primis è altrettanto vero che – per i cani da ferma – non c’è razza senza efficienza venatoria.
Detto tutto ciò, la soluzione è concettualmente semplice, ma maledettamente difficile da mettere in pratica: bisogna selezionare cani bravi, fra i quali scegliere quelli più tipici morfologicamente. Come dire, i più belli fra i più bravi.

Bracchi italiani e Spinoni allevati all’estero come cani da compagnia, senza la probante verifica della caccia, vengono profondamente snaturati e son da considerare tutt’al più “derivati Bracchi italiani” e “derivati Spinoni” destinati solo a suscitare la curiosità per “razze rare” quando in terra straniera i loro padroni li portano a passeggio. Forse potranno anche diventare numerosi – perché se ci sono riusciti i Retriever, teoricamente anche i Continentali italiani potrebbero aver successo al di fuori dell’utilizzo venatorio. Ma non saranno più i Bracchi italiani e gli Spinoni che ci son stati tramandati e che ci siamo adoperati per conservare sino ad ora.

Ripeto: diventeranno un’altra razza, così come è successo per i Setter irlandesi o per i Weimaraner negli U.S.A.

Per il bene delle razze da ferma italiane, speriamo che la salvezza venga dalla “Produzione Selezionata”, sempre che le Società Specializzate abbiano la ferma volontà di imporre verifiche serie e rigorose sulla validità venatoria dei soggetti a cui rilasciare il pedigree differenziato, escludendo cioè i cani allevati solo per bellezza.

Ma è proprio vero che non esiste un nesso fra tipicità morfologica ed efficienza venatoria?
Le asserzioni estremizzate sono fuorvianti e val la pena di approfondire l’argomento.
Incominciamo dalla testa, ovvero dalla regione in cui risiedono i caratteri maggiormente diversificanti e costitutivi della tipicità.

Stendiamo un pietoso velo sulla teoria del tele-olfatto e del mega-olfatto che, secondo il Solaro, sono in funzione delle dimensioni dei seni frontali, che a loro volta dipendono dall’orientamento degli assi cranio- facciali. Il tutto basato su di un ruolo olfattivo dei seni frontali, frutto di pura fantasia.

Idem per la funzione dell’orecchio abbondante che dovrebbe trattenere le particelle d’odore depositate sul terreno: anche ai “grandi” è occasionalmente consentito sparar cavolate. Purtroppo però fra coloro che si occupano di Continentali italiani c’è un manipolo di creduli boccaloni che, anziché sorridere a certi parti creativi, li prendono sempre maledettamente sul serio.

È sempre il Solaro a suggerire che la divergenza degli assi craniofacciali richiede un più alto portamento della testa, a sua volta coerente col trotto, laddove il galoppo impone di sporgere in avanti la testa per spostare il baricentro e rendere così instabile l’equilibrio a beneficio della velocità.

E son tutte rarefatte elucubrazioni più lontane della luna.

Una mia famosa bracca trottava divinamente, aveva un portamento di testa magnifico ed era maledettamente convergente.

Per contro, se volete vedere Bracchi italiani e Spinoni divergenti e che portano la testa peggio di un somaro, avete solo l’imbarazzo della scelta.

Quindi, lasciamo perdere!

Passiamo alla costruzione.

Il trottatore deve stare nel quadrato o nel rettangolo?

Il Solaro – estensore dell’originario standard morfologico del Bracco italiano – si dice fu contraddetto dal Barbieri ed il bisticcio venne risolto da una revisione dello standard di Bracchi e Spinoni in cui suppergiù si afferma salomonicamente che il cane deve essere costruito in un quadrato ….che tende al rettangolo.

Va là che vai bene, ha vinto il buonsenso.

Ho conosciuto personalmente il Barbieri (che era amico e collega di mio padre, mi regalò il mio primo pastore tedesco) ed il senso della sua teoria era che i trottatori possono anche permettersi di essere nel rettangolo, ma nulla osta a che siano nel quadrato. Ed è semplicemente una questione di buonsenso.

Veniamo ora all’inclinazione della spalla e della groppa.

Ricordo che un “esperto” braccofilo – uno di quelli che sanno molto ma capiscono poco – vide un mio Bracco italiano con una spalla effettivamente troppo dritta e sentenziò che, costruito com’era, quel cane non poteva avere un bel trotto. Lo sciolsi e gli feci fare un turno a dimostrazione del contrario. L’esperto allora, per non contraddirsi ri-sentenziò che a causa della brutta spalla quel cane sciupava energie nell’andatura e quindi non poteva essere resistente. Ed era un’altra cazzata perché quel cane cacciava da mattina a sera, giorno dopo giorno. Però è vero che – a parità di altre condizioni – il cane con una spalla ben inclinata è avvantaggiato. Ma le “altre condizioni” sono così tante ed incontrollabili che il confronto rimane una inattuabile astrazione. In pratica allora, come volevasi dimostrare, quel che conta è che il cane abbia un bel trotto e …chissenefrega dell’inclinazione della spalla.
Altra vexata quaestio è la groppa che i trottatori possono permettersi di avere più inclinata dei galoppatori. In effetti la groppa tendente all’orizzontale è un pregio in assoluto perché le conseguenti angolazioni articolari consentono la maggior spinta indispensabile per il galoppo, ma che è senz’altro benvenuta anche per il trotto, tanto più per quello potentissimo dei moderni Continentali italiani. In effetti nessuno penalizzerebbe mai un Bracco italiano perché ha la groppa troppo orizzontale, laddove una eccessiva inclinazione è considerata difetto. Oltre a ciò, la groppa poco inclinata è sempre anche più lunga e ciò è un pregio in assoluto, in quanto “braccio di forza” della leva responsabile del movimento.

Ho chiesto ad uno spinonista frequentatore di prove di lavoro se ricordasse buoni trottatori con la spalla molto inclinata: mi ha guardato perplesso e – dopo aver riascoltato la domanda con una più dettagliata descrizione di cosa si intende per groppa inclinata, ha risposto di aver capito: “No – mi ha detto – non ho mai visto cani col culo rotondo che fossero buoni trottatori.” Il culo rotondo è una inedita descrizione della groppa scoscesa, che però rende l’idea.

A sentire invece gli eroi delle esposizioni, i cani con la groppa ben inclinata son quelli che trottan meglio. Per quel che vale la mia esperienza di quarant’anni di allevamento, ho avuto ottimi trottatori con groppa tendente all’orizzontale ed altri con groppa più obliqua.
La verità è che la groppa è solo una delle molteplici variabili responsabili della qualità del trotto ed una volta ancora mirare alla funzione tramite la morfologia è come andare da Milano a Como, via Palermo.

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Per aver qui contraddetto i testi sacri della cinofilia qualcuno mi considererà eretico: recentemente una signora palesemente incazzata mi ha detto: “Io ho studiato sui libri dei Maestri. Se lei ora vuol sostenere il contrario, prima scriva anche lei un libro”. Le ho risposto “Già fatto, signora, già fatto!”

Cesare Bonasegale