La conoscenza dei meccanismi di trasmissione dei caratteri ereditari, oltre a essere molto utile agli allevatori per la programmazione degli accoppiamenti in funzione della ricerca di un tipo ideale predefinito, può anche risolvere questioni d’attribuzione della paternità di cuccioli già nati (o di cani ormai adulti).

Se pensate però che la genetica permetta sempre di provare se un dato stallone è il vero padre di una cucciolata, rimarrete delusi. Nemmeno i test più approfonditi del DNA permettono sempre un’attribuzione sicura. Nei test più generici, che si basano su pochi parametri, a volte si verificano condizioni tali per cui oltre il 90% dei cani potrebbe essere ritenuto padre della cucciolata che si vuole testare.

Più che di test di attribuzione della paternità, si dovrebbe parlare di test di esclusione della paternità. Le analisi genetiche più utilizzate non permettono infatti di confermare che un certo stallone è il padre di una certa cucciolata. È invece possibile escludere la paternità di uno stallone che si vuol far figurare come padre, se questi ha caratteristiche incompatibili con quelle dei cuccioli, essendo nota la madre.

Senza ricorrere a test di laboratorio, queste verifiche sono possibili anche solo facendo riferimento a caratteristiche fisiche tra quelle più evidenti e inequivocabili, come il colore del mantello o la sua lunghezza, nelle razze che ammettono diverse varietà.

Per esempio, se si volesse registrare un boxer tigrato figlio di madre fulva e padre fulvo, la società incaricata della tenuta dei libri genealogici avrebbe tutte le ragioni per rifiutare la registrazione.

Di fatto, in Italia, non si fa questo genere di controllo. Ma all’estero sì. Per esempio, l’Australian and New Zealand Greyhound Association, il club ufficiale che tutela la razza Greyhound, da quando è nota la genetica dei colori, vieta espressamente l’iscrizione di cuccioli con mantello giudicato incompatibile con quello dei genitori.

Indagini più approfondite sul DNA hanno infatti confermato che tutti i casi di discordanza registrati nell’archivio del club, erano da attribuire all’effettivo impiego di stalloni diversi da quelli dichiarati sul pedigree.

Indipendentemente dalle regole approvate dai club cinofili, la conoscenza della genetica può comunque essere utile a tutti, in ogni caso di paternità dubbia. Oltre alle caratteristiche fisiche più evidenti che permetterebbero un’eventuale esclusione d’ufficio anche da parte del club, l’allevatore ha a disposizione molti altri elementi da valutare: il tipo di costruzione, il portamento della coda, la presenza di speroni o determinate proporzioni della testa e altri dettagli più “tecnici”, riconoscibili dagli esperti. Tutti particolari più difficili da riconoscere o comunque facilmente occultabili, quindi non idonei a essere oggetto di esclusione d’ufficio, ma che non si sottraggono alle regole della genetica.

Le indagini sulla paternità potrebbero essere di grande utilità per l’allevatore che volesse utilizzare come stallone un maschio di un altro allevamento, qualora abbia sospetti sulla provenienza dichiarata. Per esempio che un figlio di campioni, in realtà, non lo sia.

Chi utilizza riproduttori del proprio allevamento potrebbe invece eliminare eventuali dubbi, in caso di monte fortuite e non programmate.

L’indagine sulla paternità si basa principalmente su un solo assioma: i caratteri determinati da geni dominanti non possono essere presenti nei figli se non sono presenti in almeno uno dei genitori. Per esempio, da genitori diluiti non possono nascere figli a pigmento nero. Da cani a pelo lungo non possono nascere soggetti a pelo corto. E così via.

L’esclusione della paternità non è quindi sempre così facile. Se ci basiamo solo sul colore, vi sono situazioni in cui la madre presenta caratteristiche tali per cui ogni maschio può essere ritenuto padre di qualsiasi cucciolo. È il caso delle madri nere o grigie che possono mettere al mondo figli neri, grigi, fulvi, tigrati, focati e pezzati che combinano tutti questi colori. Se vogliamo più certezze, dobbiamo prendere in considerazione altri parametri.

Comunque, ricordo ancora una volta che la semplice osservazione delle caratteristiche fisiche non può condurre all’attribuzione della paternità, ma può solo determinarne l’esclusione.

In altre parole, non possiamo rispondere alla domanda “A è il padre di B?”. Possiamo invece dire se “A può essere il padre di B”.

E, in caso di risposta affermativa, possiamo, al limite, dire quanto sia verosimile questa ipotesi, in particolare se ci troviamo di fronte a una cucciolata numerosa, o, ancor meglio, se abbiamo a disposizione un campione di numerose cucciolate.

In alcuni casi, infatti, non si può escludere la paternità con certezza, ma si può farlo con la massima credibilità. Se abbiamo la possibilità di accedere a una banca dati che cataloga tutti i figli di un riproduttore, in alcuni casi, potremmo avere elementi sufficienti da far ritenere verosimile l’omozigosi di un dato carattere dominante, se il corrispondente recessivo non si è mai presentato nei figli.

Applicando le regole del calcolo della probabilità, possiamo determinare quanto sia probabile la frequenza di un certo carattere nei figli, supposto un certo genotipo del genitore.

Per fare un esempio comprensibile a tutti, supponiamo di avere un cane di razza labrador di colore nero che abbia prodotto con femmine gialle solo cuccioli neri.

Potremmo giungere a conclusioni diverse a seconda della numerosità della cucciolata.

Se per esempio siamo di fronte a una sola cucciolata di cinque esemplari, ci troviamo a dover scegliere la più probabile di queste due ipotesi.

1) Maschio omozigote nero. La probabilità teorica di avere cuccioli neri è del 100%. Ovviamente la probabilità di avere cinque su cinque cuccioli neri è ugualmente del 100%.

2) Maschio eterozigote, portatore di giallo. La probabilità teorica di avere cuccioli neri è del 50%. La probabilità di avere cinque su cinque cuccioli neri è del 0,55 = 0,03125, cioè in termini percentuali del 3,125%. (*)

Come dire che su cento maschi eterozigoti accoppiati con femmine gialle, soltanto tre hanno generato i primi cinque figli tutti di colore nero. Istintivamente siamo più portati a catalogare il maschio in questione come omozigote.

Tuttavia, se il sesto cucciolo risultasse giallo, dovremmo smentirci: potrebbe voler dire che il nostro cane fa parte di quei tre cani su cento.

Il discorso cambia se aumenta il numero dei figli di cui si conosce il colore.

Se ci troviamo di fronte, per esempio, a venti figli tutti neri (sempre da madri gialle), la probabilità di avere un tale risultato da un padre eterozigote sarà di: 0,520 = 0,00000095367431640625. In termini percentuali poco oltre lo 0,000095%, cioè meno di un caso su 10.000.

È ovvio che, qualora il ventunesimo cucciolo risultasse giallo, i dubbi sulla veridicità dell’accoppiamento dichiarato sarebbero ben più fondati e sarebbe opportuno interrogarci sulla lealtà dell’allevatore o sulla possibilità di errori anche in buona fede. Se il cane è nostro, dovremmo sicuramente chiederci se davvero possiamo escludere la possibilità di monte fortuite da parte di altri maschi. Solo in caso di assoluta impossibilità di attribuzione della paternità a un maschio diverso, potremo concludere che il nostro cane è quel uno su diecimila che, d’altronde, è pur sempre possibile.

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(*) Appendice

Approfondimento del calcolo della probabilità composta

In genetica, ogni nuovo nato è da considerarsi, in termini matematici, come un evento indipendente.

Ogni ovulo e ogni spermatozoo si formano ogni volta attingendo da un patrimonio genetico invariato, cioè in modo del tutto indipendente da quanto il genitore abbia generato in precedenza.

Se si dice che una data coppia genera teoricamente il 50% di cuccioli neri e il 50% di cuccioli gialli, significa che ciascun nuovo cucciolo ha il 50% di probabilità di essere di un colore piuttosto che di un altro. Per ogni nuovo nato, la probabilità è sempre del 50%, indipendentemente dai fratelli.

La probabilità d’avere cucciolate che rispettino una certa distribuzione al loro interno, si può determinare applicando il teorema della probabilità composta dei vari eventi. Per agganciarci all’esempio precedente, la probabilità d’avere due cuccioli neri, è data dalla probabilità composta dei seguenti eventi:

  • che il primo cucciolo sia nero
  • che il secondo cucciolo sia nero.

Come sicuramente già sapranno gli esperti di matematica,la probabilità dell’evento E, intersezione degli eventi indipendenti E1 ed E2, è uguale al prodotto delle probabilità dei singoli eventi.

Quindi, se la probabilità che il primo cucciolo sia nero è 0,5 (50%) e la probabilità che il secondo cucciolo sia nero è sempre di 0,5 , la probabilità che entrambi i cuccioli siano neri è del 0,5 x 0,5 = 0,25 (25%).

Se i cuccioli sono tre, la probabilità che tutti siano neri è di 0,5 x 0,5 x 0,5… cioè 0,53 = 0,125 (12,5%)

Quindi, se i cuccioli come nel nostro esempio, sono 5, la probabilità che tutti siano neri, sarà di 0,55.

Denis Ferretti